Dear David…

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Con i capelli arancioni sparati in alto, avvolto in succinte tutine, raso e paillettes “Ziggy Stardust” cambia per sempre l’iconografia del panorama musicale, influenzando indelebilmente lo stile e le tendenze degli anni ‘70 e dei decenni a venire. Tocca poi a Jareth, crudele re dei Goblin nella pellicola Labyrinth del regista Jim Henson, diventare negli eighities l’idolo delle generazioni più giovani, anche di quelle meno avvezze alla musica rock. Cerone sul viso, make up marcato, acconciature cotonate, zeppe, ma anche giacche di pelle, capi sartoriali e mise dall’allure raffinata, l’elenco della trasformazioni di David Bowie, all’anagrafe britannica David Robert Jones, sembra andare di pari passo con quello delle sue hit di successo, ben cinquantadue gli album pubblicati, e delle sue apparizioni pubbliche, vere e proprie performance dove il confine tra musica, moda, recitazione, fotografia, arte e design non sembra essere così netto. Emblema della versatilità, artista eclettico, prolifico e camaleontico, il Duca Bianco è stato senza dubbio una delle personalità più poliedriche del nostro tempo, una delle poche che ha saputo spaziare con nonchalance tra forme espressive sempre diverse, adattandosi ai cambiamenti, ma soprattutto riuscendo a reinterpretare con sorprendente lucidità i segnali e i trend del momento. Fisico asciutto, fascino androgino e quel tocco inconfondibile di grazia e femminilità consacrano Bowie fin dagli esordi nell’Olimpo delle icone di stile, un privilegio destinato a pochi che l’artista ha mantenuto ben saldo dosando con abilità, interviste e fugaci quanto spettacolari apparizioni pubbliche. Secondo un sondaggio condotto dalla BBC nel 2013 il Duca Bianco sarebbe infatti considerato dai suoi connazionali il cittadino britannico più elegante di sempre.“Mi sono sempre sentito confuso quando mi chiamano il camaleonte del rock – raccontò Bowie al mensile Esquire – Un camaleonte non deve esercitare un’incredibile energia per riuscire a diventare indistinguibile nel suo ambiente?… Non sei mai chi pensi di essere. Una volta negli anni ‘80 una signora anziana si avvicinò e mi chiese ‘posso avere un suo autografo Mr. Elton John?’. Le ho risposto che non ero Elton ma David Bowie e lei mi ha risposto‘ oh grazie a Dio, non riuscivo a sopportare quei cappelli rossi e tutto quel trucco!’”. Dopo la grande retrospettiva David Bowie is ospitata presso gli spazi espositivi del Victoria & Albert Museum di Londra, l’artista britannico è tornato a far parlare di sé, della sua musica e delle sua sofisticate apparizioni. Dopo l’uscita mondiale dell’album The Next Day, Bowie è approdato a Venezia per prender parte al secondo episodio di L’Invitation au voyage, la campagna pubblicitaria del celebre marchio francese Louis Vuitton, un altro viaggio per la rockstar attraverso stile, moda, arte e design. Venerdì 8 gennaio, il giorno del suo sessantanovesimo compleanno, Bowie ha pubblicato il suo ventisettesimo e ultimo album di studio: Blackstar, che sembrerebbe stato concepito dal cantante come il suo regalo d’addio.