Francesco Montanari: “Conosci te stesso”

Una moglie che ama e che definisce un genio, un lavoro per cui ancora si sorprende di essere pagato e il sogno di interpretare un santo. Book Moda incontra Francesco Montanari alla vigilia di un anno pieno di progetti importanti.

Sguardo circospetto di chi non ama molto farsi fotografare. Occhio vigile, ma divertito da una giornata passata sul set dove Francesco Montanari si è raccontato non solo a parole. Romano “de roma” classe 1984, Montanari è diventato famoso grazie al personaggio del Libanese nella fortunata serie tv Romanzo criminale – La serie, che ha portato alla ribalta tutta una nuova generazione di attori. Da quel momento è stata un’escalation di successi dal teatro alla tv, al cinema, fino alla radio, dove nel 2016 su Radio 2 insieme a Alessandro Bardani ha condotto il programma Happy hour. Il 2018 è, per l’attore romano, un anno speciale pieno di nuovi progetti, il più importante dei quali è Il cacciatore, appena uscito su Rai 2, che racconta la vicenda del giovane pm Sabella quando era a Palermo. La prima volta da protagonista assoluto anche se, parole sue: “Il matrimonio è il lavoro più affascinante che puoi avere dalla vita”. Facile dirlo per lui che è sposato con Andrea Delogu, una delle donne più affascinanti e stilose della tv italiana.

 

Quale episodio della tua vita ti ha spinto a fare l’attore? Chi sono i tuoi riferimenti?
Sembra una storia da libro Cuore, ma giuro che è andata così. Alle medie ho avuto un insegnante, Fratel Remigio, che era innamorato dell’arte del racconto. Aveva un suo repertorio trentennale di recite di fine anno scolastico: prima media Odissea, seconda media Rugantino, terza Tutti insieme appassionatamente. Mi sono talmente tanto divertito che ho detto: “Questa cosa voglio farla tutta la vita!”. Non avevo la minima idea di cosa significasse fare l’attore, di cosa significasse la professione, c’erano solo il sano divertimento e la scoperta.

La tua vita professionale si divide tra teatro, cinema e tv. Qual è il tuo “mezzo” e perché?
Io sinceramente non credo che esista una differenza nell’approccio recitativo. Non esiste una recitazione da palco o da macchina da presa, solamente la ricerca infinita della vita.

Con Romanzo criminale – La serie un nutrito gruppo di giovani attori, come te, è diventato famoso, avete in un certo senso tenuto a battesimo in Italia un nuovo modo di fare serie tv. Che ne pensi di questa tendenza per cui la tv è sempre più cinema e il cinema è spesso vicino alla tv?
La tv ha una forza quasi imbattibile: entra nelle case. Quindi non implica un impegno attivo nella ricerca di un prodotto. È lì. Penso che sia un’eccezionale ricchezza portare il cinema nelle case. Sono linguaggi talmente differenti che già solo parlare di unificazione è un errore. Semplicemente per un discorso di tempo drammaturgico. Come se un racconto potesse automaticamente essere un romanzo. In potenza lo è, ma non così strutturato.

Qual è lo stato del cinema in Italia? 
Viviamo un momento di forte evoluzione. Come sempre nella storia, un sottobosco sta diventando la foresta con cui fare i conti. Abbiamo vissuto un momento degradante che ora si sta mostrando per quello che è: insufficiente. Ma dalle grandi crisi emergono necessariamente i presupposti per il futuro imminente. Sono molto ottimista.

Che obiettivi professionali hai? Dove ti vedi fra dieci anni?
Il mio obbiettivo primario è essere felice. Lavorare assiduamente per tale scopo. Prima di tutto nella vita privata che collima necessariamente con la mia vita professionale. Il mio lavoro è un grande lusso: essere pagato per conoscere me stesso. Concretamente spero prima o poi di affrontare “attorialmente” la figura di un santo, mentre tra dieci anni mi vedo insieme a mia moglie con in braccio due pargoletti.
Ruoli che moriresti per avere e registi per i quali lavoreresti a ogni costo.
Come ho detto sopra vorrei studiare un santo, possibilmente Sant’Agostino. Il conflitto umano con l’ambizione divina è il massimo contrasto che un uomo possa avere, a prescindere dall’etichetta religiosa. Di registi sinceramente ne avrei tanti. Ultimamente fra gli italiani mi domando sempre più spesso come sarebbe crescere con Paolo Virzì.

I tuoi progetti futuri.
Tra poco debutterò al Teatro della Pergola di Firenze in Uno Zio Vanja, al fianco di Vinicio Marchioni, fratello e amico, che cura anche la regia e l’adattamento. Sono dieci anni esatti che non ci ritroviamo come colleghi. A febbraio, dopo San Remo, andrà in onda su Rai 2 la serie Il cacciatore che narra la storia del giovanissimo pm Alfonso Sabella quando era nell’antimafia stanziale a Palermo.
Caso Weinstein. Qual è la responsabilità dell’arte rispetto alle debolezze umane? Come si rapporta un attore e uomo di cultura a un fenomeno del genere?
Sinceramente non credo che la domanda sia pertinente. O meglio, lo è come lo sarebbe in ogni ambito umano. Non sono così ingenuo da sostenere che l’essere umano purtroppo quando è miseramente debole non cerchi di approfittare della propria condizione per ottenere delle soddisfazioni primarie. Quindi, credo che non si debba accusare nessuno in quanto ruolo, ma in quanto uomo approfittatore.

“T’appartengo se ci tengo” questa è stata la dedica a tua moglie il giorno del matrimonio. Chi è Francesco uomo fuori dal set? 
Mia moglie è decisamente un genio. La amo. Personalmente il nostro rapporto è fondato sull’ascolto, sia esso verbale o fisico. Cerchiamo sempre di capire l’altro mettendo da parte il nostro ego. In fondo, il rapporto primario scelto, ovvero il matrimonio, è il lavoro più affascinante che puoi avere della vita.

 

Interview Giuseppe Ceccarelli

Photo Angela Improta – Fashion Giuseppe Ceccarelli – Grooming Kassandra Frua De Angeli

 

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Salvatore Ferragamo leather shirt and trousers, Ermenegildo Zegna by Marcolin glasses.

 

 

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