ULTRAVIOLENCE: il post-covid per il brand nato pre-lockdown

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Ultraviolence, un marchio nato dall’estro del giovanissimo designer Manuel Stilli, lo scorso gennaio ha presentato ai buyer la sua prima collezione, pronto a farsi notare tra la schiera dei brand emergenti che faranno parlare di sé post-Covid.

Di Alessia Caliendo

Come nasce il nome Ultraviolence, che immediatamente riporta ad un immaginario impattante, e da quali fonti emergono le tue visioni?
Il nome del brand nasce prendendo ispirazione da un album musicale che mi sta a cuore, mentre il concetto di ultra-violenza rispecchia il mood artistico della maggior parte delle opere che creo. Le mie conoscenze nell’ambito dell’arte moderna, e soprattutto nella corrente del Suprematismo, hanno portato ad una consapevolezza artistica in cui la creatività si esprime nella migliore delle sue forme.

Nato e cresciuto tra la progettualità maniacale e i tessuti, a pochi passi dal capoluogo veneto, quanto è stato importante l’imprinting familiare, dedicato alla realizzazione di capi sartoriali, nella scelta del tuo percorso formativo e professionale?
Sicuramente sono nato predisposto a trovare il mio “posto” nell’ambito artistico, ma sono fermamente sicuro che l’imprinting familiare nella moda abbia giocato un ruolo fondamentale.

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Il brand è stato concepito a seguito di un’attenta ricerca di tessuti di altissima qualità, individuati tra le eccellenze italiane ed asiatiche. Quali caratteristiche deve avere un prodotto tessile per far breccia nel tuo cuore?
Deve essere innovativo. La ricerca tessile è un aspetto fondamentale durante la creazione di una collezione e, quest’ultima, insieme alla conoscenza della sua manipolazione è la realtà che mi affascina di più. Tra i cotoni giapponesi ed i tessuti innovativi, rigorosamente Made in Italy (Prato, Biella, Como), per far breccia nel mio cuore un tessuto deve essere grezzo al tatto e contemporaneo, ai fini di rispecchiare al meglio il mio mood.

E poi c’è lei, New York, keyword nella tua vita. Parlaci della tua insaziabile voglia della Grande Mela e delle contaminazioni che subisci in termini creativi ogni volta che ti rechi nella tua città del cuore.
New York rappresenta qualcosa di personale e non sono mai riuscito a spiegare cosa provo quando mi trovo lì. Il grande caos che può emettere una città metropolitana di quelle dimensioni mi porta paradossalmente ad avere una pace interiore dove la mia mente crea in continuazione. Ogni passo fatto nella “Grande Mela” è uno stimolo verso la creazione di qualcosa di rivoluzionario e all’avanguardia.

“Nothing around us”, il nome della prima collezione. Raccontaci la fonte di ispirazione dalla quale hai attinto per la sua progettazione e i dettagli che secondo te la rendono unica sul mercato.
“Nothing around us” è l’espressione di un periodo transitorio, negativo, della mia vita. Era come se la mia mente fosse in un “lockdown”. Il fatto di disegnare una collezione in questa fase mi ha aiutato a ritrovare la mia estetica personale. Non prendo ispirazione da niente e da nessuno, se non eventualmente da luoghi e situazioni che mi circondano di giorno. Creo e progetto esclusivamente durante la notte, momento dove posso manifestare tutta la mia creatività.

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Segui personalmente tutte le fasi di realizzazione di ogni prodotto? Come ti muovi all’interno del laboratorio artigianale?
Assolutamente sì, seguo ogni passaggio, dalla confezione del campionario alla gestione della produzione, dalla ricerca dei tessuti alla scelta del singolo dettaglio. Ogni particolare è curato da me. Recandomi nel mio laboratorio ogni giorno durante la fase di realizzazione del campionario riesco a trasmettere alle persone con cui lavoro le mie idee, è come se fossimo un’unica mente che condivide lo stesso pensiero. Per la prossima collezione, alla quale sto già lavorando, ad esempio, mi reco nel laboratorio di lavaggio e manipolazione del tessuto almeno due volte in una settimana, assistendo e tingendo i tessuti artigianalmente, così da rendere i capi pura poesia.

Come immagini il futuro, ma soprattutto il post-Covid, per i giovani designer come te? Le tue presentazioni alla stampa e ai buyer saranno interamente digitalizzate come per molti altri brand?
Penso che per noi giovani designer il futuro sarà piuttosto complicato, ma sono fiducioso, anzi, è una sfida da raccogliere. Perché potremmo trovarci nel momento giusto per un nuovo restart della moda sperando anche di limitare gli sprechi, punto a favore di Ultraviolence. La digitalizzazione nella prossima stagione sarà un passaggio imprescindibile e sono molto fiducioso nel collaborare con l’avanguardista show-room Studiozeta.

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