LATE TURNER

Joseph Mallord William Turner è uno di quegli artisti a cui è stata concessa lunga vita creativa: oltre sessant’anni di lavoro e un lascito che comprende più di 19.000 opere – tra pitture ad olio, acquerelli, stampe e disegni – realizzate durante il lungo arco di tempo in cui, dalla prima giovinezza fino alla sua morte, la pittura rappresentò per lui ragion d’essere e, insieme, punto di contatto col mondo.

Tra “misteri manifesti” fatti di luce e colore intenso, William Turner lavorava per raccontare, a suo modo, gli sviluppi sociali, tecnologici e scientifici dell’ epoca, ma anche temi religiosi, storici o mitologici. Oltre a questo la sua immaginazione e le sue radicali sperimentazioni tecniche, processi d’uso e materiali erano capaci – e lo sono ancora- di parlare all’arte e dell’arte, anticipando l’impressionismo francese e arrivando dritte al cuore.

«La sua vita aveva in parte il carattere del suo lavoro, era misteriosa e nulla sembrava fargli tanto piacere quanto lo sbalordire gli altri e – di fatto o nelle intenzioni – presentar loro enigmi» diceva il pittore britannico David Roberts (1796-1864).  «E quando cominciava a spiegare qualcosa a qualcuno o raccontare, s’interrompeva a metà, assumeva un’aria enigmatica, annuiva, ammiccava e sembrava voler dire: Capiscilo, se ci riesci. »

Per la prima volta riunite insieme, le opere dell’ultimo Turner, dal 1835 al 1851 –anno della sua morte-, sono esposte alla Tate Britain nella mostra a cura di Sam Smiles, David Blayney Brown e Amy Concannon. L’occasione unica di ammirare il pittore più amato della Gran Bretagna – e di lasciarsi sbalordire – vi aspetta a Londra ancora fino al 25 gennaio.