Bruce Nauman in mostra alla Fondation Cartier

Non è concettuale nè minimalista. La sua è un’arte proteiforme. Bruce Nauman, considerato uno degli artisti contemporanei più importanti, per la prima volta, mette alla prova gli spettatori parigini, con una selezione delle sue più recenti installazioni multimediali, opere sonore e sculture, insieme a quelle create nel passato. Due decenni di storia, proposti ad hoc per la Fondation Cartier, dedicati al legame, spesso inesplorato, tra le sue creazioni più astratte e le sue installazioni monumentali, con un unico focus: la figura umana. La più concreta testimonianza trova applicazione a partire dal pianoterra, dove l’artista mostra allo spettatore, sin da subito,  la sua visione personale: gioca con la trasparenza e l’immaterialità dell’edificio della Fondation. Gli spazi, interni ed esterni, che apparentemente risultano vuoti, propongono tre opere recenti di grande significato. Qui, nel giardino, Nauman propone il suo primo “studio umano”, attraverso la creazione sonora For Beginners (instructed piano) ideata nel 2010, con cui l’artista invita i visitatori a scoprire una registrazione del musicista Terry Allen al pianoforte, la cui partitura è composta da un elenco di istruzioni di Bruce Nauman relative al posizionamento delle mani del pianista sulla tastiera.

L’artista continua ad esplorare le azioni fisiche, e in particolare, la gestualità delle mani, con la sua opera più recente: Pencil Lift/Mr. Rogers.

mr roger 1 pencil lift 1

Realizzata nel 2013, l’immagine, trasmessa su uno schermo LED dalle proporzioni spettacolari, sembra fluttuare nello spazio trasparente del pianterreno. L’opera mostra semplici azioni eseguite nel suo studio tenendo tra le dita delle matite, che si trasformano in segni ambivalenti e illusioni ottiche giocando sulla sensazione di tensione e di equilibrio. D’altronde, l’arte di Bruce, si focalizza sulla relazione esistente tra le sue opere e l’ambiente circostante, sul coinvolgimento fisico ed emotivo degli spettatori. 

Il forte contrasto tra apparenza e realtà, più volte sottolineato dall’artista nei suoi lavori, si ritrova percorrendo la sala adiacente, dove la voce di Bruce Nauman ripete instancabilmente For Children/Pour les enfants. Presentata per la prima volta, in occasione della mostra, in inglese e francese, l’opera sonora ideata nel 2015, raggiunge una complessità insospettata pian piano che appaiono e si combinano tra loro riferimenti al gioco, all’educazione e al superamento delle barriere fisiche e mentali.

Sul concetto del forte impatto fisico, tanto caro all’artista californiano, prosegue al piano inferiore il percorso espressivo di Nauman, che attraverso sculture multimediali, offre nuove prospettive visive. L’installazione video Anthro/Socio (Rinde Facing Camera) (1991), ne è un esempio.

NAUMA53795_AnthroSocio

Qui, per la prima volta nella mostra, appare la figura umana, ripetuta su sei monitor e tre schermi di proiezione. La relazione umana, su cui Bruce pone frequentemente l’accento, si trova anche nel video di Rinde Eckert, cantante e artista performer, che ripete ad alta voce una sequenza di parole, ad esempio “Feed Me/Eat Me/Anthropology”, ossia dammi da mangiare/mangiami/antropologia, facendo un confronto tra spettatori e desiderio ontologico di stringere, per l’appunto, relazioni umane.

Riempiono lo spazio con un suono assillante, animali smembrati, trascinati in un girotondo e appesi per il collo, interpretati nella scultura Carousel (Stainless steel version) (1988).

Bruce Nauman Small Carousel, 1988 drypoint, edition of 35, A/P Bruce Nauman Large Carousel, 1988 drypoint printed in black on Sommerset satin paper, State I

Definisce e conclude il viaggio riflessivo di Bruce, Untitled: installazione video, creata nel 1970 per la Biennale di Tokyo, rivisitata nel 2009 per la Biennale di Venezia, al quale l’artista partecipò personalmente.

Untitled 1970-2009

L’opera, che ritrae due ballerini che ruotano a terra, in senso orario fino allo svenimento, è un chiaro richiamo ai primi lavori attuati dall’artista, in cui, tramite cartografie del proprio studio, registrava gli spostamenti del suo corpo nello spazio.

Los Angeles, nel ’66, lo fece conoscere al mondo, il Museo di Arte Moderna della Città di Parigi, la Whitechapel Gallery di Londra, la Kunsthalle Basel di Basilea, il Centre Pompidou e molti altri, non fecero altro che valorizzare il suo talento. Così come lo Hirshhorn Museum di Washington, che organizzò una retrospettiva con il Walker Art Center di Minneapolis e il Museum of Modern Art di New York, presentata successivamente a Madrid, Los Angeles e Zurigo. Tra le sue opere più significative emerge inoltre la sua rappresentazione degli Stati Uniti alla Biennale di Venezia, occasione in cui viene premiato con il Leone d’oro per la migliore partecipazione nazionale.

Gli ultimi 15 anni dell’artista californiano, ancora una volta, vengono messi a nudo, in tutta la sua figura fisica, da una delle più rappresentative istituzioni di arte contemporanea, la FondationCartier.