Woolrich: nuove nomine e nuovi opening per un futuro sempre più solido

Woolrich inaugura un 2019 ricco di tantissime novità, sotto ogni punto di vista, riconfermandosi ancora una volta una delle presenze più solidi di Pitti Uomo. Non solo per via dello show e del grande spazio espositivo affittato per l’occasione, che sicuramente fa ben intendere la volontà da parte del brand di premere sull’acceleratore e rafforzarsi sempre di più, ma anche per il prodotto presentato. Sempre più innovativo e più performante, pur rimanendo sempre fedeli al proprio heritage, e che di stagione in stagione sta conquistando sempre più fette di mercato. Come ci racconta nella seguente intervista il Direttore Creativo di Woolrich International, Andrea Canè, nell’area lounge dedicata alla buona cucina. Gestita come sempre da Antoniazzi, che con le sue proposte “à la carte” ha creato l’atmosfera perfetta per gli incontri tra brand e stampa e buyer.

Partiamo dallo spettacolo sul ghiaccio con cui per la 95esima edizione di Pitti Uomo avete voluto accogliere i vostri ospiti, presentando parte della nuova collezione. Come è nata l’idea?
L’idea di questo show sul ghiaccio è legata al concetto di freddo, un mondo a cui noi inevitabilmente apparteniamo. Ci proponiamo sia in termini protettivi sia di movimento. Sono due punti chiave per noi, soprattutto quest’anno. Perché grazie al nuovo gruppo stile abbiamo rinnovato tutti i capi dal un punto di vista tecnico, dal punto di vista del fit, quindi. Per cui ora ciascun capo possiede una nuova mobilità, e questo è uno dei contenuti principali che volevamo mostrare.

Cosa è cambiato rispetto a prima riguardo allo stile?
Sia sulla label sia sulla linea dedicata all’iconico logo abbiamo lavorato con lo studio Pentagram di New York, insieme a Paula Scher, un’artista che dagli anni Settanta si occupa di molte grafiche della città. Come l’High Line, il Public Theater, o come le grafiche delle metropolitane, che sono state realizzate tutte da lei. Cercavo una designer storica e competente. Quindi dopo questa lunga collaborazione, che è durata quasi diciotto mesi, è nato quel che avete avuto modo di vedere nella collezione.
Ci muoviamo sempre su un’unica direttiva: gli archivi storici tessili, infatti anche in questa collezione sono presenti moltissimi pattern storici, ed in particolar modo il buffalo check espresso in diverse colorazioni. E anche dal punto di vista stilistico prendiamo spunto da quelli che sono stati i nostri capi icona del passato, rimodernandoli. Il concetto attorno a cui sviluppiamo ogni collezione è quello del “modern authentic”, quindi prendere l’autenticità e trasformarla in qualcosa di più moderno.

Per un marchio storico come Woolrich, che sviluppa ogni collezione partendo dalle origini, come riuscire a reinventarsi di stagione in stagione?
Beh, la formula è sempre la stessa, bisogna entrare sempre di più negli archivi e capire anche, ad esempio, quando è nato un prodotto perché è nato. Provando a ripercorrere quindi tutto il processo mentale e aggiornandolo ai tempi nostri. Non è facile però abbiamo un team molto solido, che conosce molto bene il marchio da un punto di vista storico. E poi, il connubio tra forze nuove e creative e forze “vecchie” più tecniche funziona molto bene e ci dà la possibilità di rinnovare il prodotto. Pur rimanendo vicini a quelli che sono i nostri vecchi cataloghi e i vecchi prodotti.

C’è un pezzo chiave nella nuova collezione invernale?
Diciamo che il Logo Parka, come veniva chiamato negli anni Settanta, oggi reversibile, è uno dei capi più significativi della collezione, proprio perché riprende un modello icona e, in abbinamento, mostra anche i pattern storici delle lane, quindi è un connubio fra le due cose. Poi, continuano ad essere presenti i nostri capisaldi come i modelli realizzati in collaborazione con Gore-Tex o con Loro Piana Storm System®, ad esempio. Quindi tutto quello che riguarda la tecnicità dei tessuti rimane, ma le forme sono diventate più morbide, contengono meglio i movimenti.

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E riguardo alla calzatura, come vi state muovendo?
Come per quanto riguarda il gruppo stile dedicato all’abbigliamento uomo e donna, che è stato rinnovato e affidato, l’uomo ad Antonio Zordan (menswear head of design) e la donna a Aba Repossi (womenswear head of design), anche la collezione Footwear è stata data in mano ad un ufficio stile, Search N Design. Conosciuti per essere innovativi nel mondo della calzatura. Abbiamo completamente rielaborato tutte le forme e le strutture, e devo dire che fino adesso la reazione è stata molto positiva.

Qual è il modello che va per la maggiore?
Diciamo che il nostro bestseller è la sneaker caratterizzata dall’abbinamento con la lana Woolrich. Proponendo la lana Woolrich sulla calzatura si parla di un prodotto più iconico, e quindi più riconosciuto. In generale, però, ci sono un paio di tomaie che funzionano molto bene. È chiaro che nella calzatura si fa sempre un riferimento al mercato, quindi a parte gli aspetti più innovativi che appartengono al nostro DNA, proponiamo anche un prodotto più commerciale, legato alle tendenze di mercato.

Come vedi Woolrich in futuro?
Molto bene. Perché stiamo investendo molto negli Stati Uniti dove, chiaramente, dobbiamo fare un passo importante: essendo un’azienda outdoor dobbiamo diventare un’azienda premium. Quindi, abbiamo di fronte un mercato potenzialmente importante. È chiaro che in America tutto comporta investimenti notevoli, e noi li affrontiamo con un piano di investimenti cospicuo, soprattutto grazie al recente ingresso del Fondo. Quest’anno è un anno importante, infatti, perché siamo stati acquisiti dal fondo L-Gam, quindi abbiamo modificato la struttura societaria e, anche attraverso la nostra importante presenza a Pitti Uomo, vogliamo dare un messaggio chiaro e forte al mercato. Ovvero la volontà di investire in modo imponente in futuro.

Ad esempio?
Ad esempio, come dicevamo, vogliamo sviluppare principalmente due mercati del Nord-America, Stati Uniti e Canada. A New York, in particolare, inaugureremo a maggio un flagship store in Wooster Street che sarà grande come quello di Milano, quindi circa 550 metri. E al suo interno svilupperemo un concetto di negozio nuovo, perché voglio sfruttare New York come se fosse un hub sperimentale. Quindi questo negozio rispetto a tutti gli altri, che sono di natura più classica, darà la possibilità di passare dal classico store ad uno in grado di ospitare eventi, presentazioni, etc. E a differenza del flagship di Corso Venezia abbiamo affidato la progettazione allo studio Caputo di Milano, focalizzandoci sul concetto delle flight-case, quindi tutto risulta convertibile, imballabile e diventa in poco tempo un’altra cosa. Per noi è importante che New York sia utilizzata per social pr ed eventi. Poi successivamente a New York apriremo parallelamente anche un nuovo showroom, che avrà in un certo senso le stesse caratteristiche del negozio, ma sarà più focalizzato su quello che è il servizio be-to-be, per i nostri clienti.
Stiamo iniziando a lavorare anche sulle comunità cinesi, che rappresentano comunque una fetta importante per il business dell’outerwear. Il Giappone dal canto suo, poi, ci sta dando ottimi risultati, e in questo mercato abbiamo aperto un negozio che sta funzionando molto bene. Nel 2020 apriremo poi altri quattro negozi in Giappone. Quindi direi che la situazione è più che positiva. L’unico grande problema per noi è il clima, se fa freddo vendiamo molto di più, se fa caldo di meno. Però, anche in questo caso, abbiamo ormai da tempo ampliato la gamma con una serie di prodotti che ci permettono di coprire molto bene anche le mezze stagioni.