In mostra a Prato i dipinti caravaggeschi del Seicento napoletano

Mai esposti al pubblico i dipinti protagonisti della mostra “Dopo Caravaggio. Il Seicento napoletano nelle collezioni di Palazzo Pretorio e della Fondazione De Vito”, in programma a Prato fino al 13 aprile 2020, a cura di Rita Iacopino, direttrice scientifica del museo di Palazzo Pretorio, e Nadia Bastogi, direttrice scientifica della Fondazione De Vito. Sono, infatti, frutto del collezionismo privato di un illuminato mecenate, Giuseppe De Vito, che in vita raccolse e studiò con passione, pur provenendo da tutt’altro settore con la sua professione di ingegnere, i quadri dei pittori caravaggeschi operanti a Napoli, che infine lasciò in eredità alla sua fondazione di Vaglia, in provincia di Firenze. La sede di Palazzo Pretorio è stata scelta perché nel museo pratese sono esposti tre capolavori dello stesso periodo: un “Noli me tangere” di Battistello Caracciolo, un “Ripudio di Agar” di Mattia Preti e un “Buon Samaritano” di Nicola Malinconico, che completano armoniosamente l’esposizione delle opere provenienti dalla collezione De Vito. Così spiegano le curatrici: “Non si tratta di un’esposizione sulla pittura napoletana del Seicento. L’intento della mostra è, invece, quello di far dialogare una scelta di opere provenienti da due collezioni, quella del Museo di Palazzo Pretorio di Prato, che conserva uno dei nuclei più importanti di dipinti del Seicento napoletano in Toscana, e quella della Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito per la Storia dell’Arte Moderna a Napoli, che si configura per qualità e interesse storico come una delle più notevoli collezioni private di pittura napoletana del secolo in questione”. La mostra è stata occasione anche per il restauro di alcune opere, tra le quali “Giacobbe e il gregge di Labano”, replica del dipinto di Jusepe de Ribera conservato all’Escorial, che era considerata irrecuperabile e che invece è presente virtualmente con un video che ne mostra il restauro. Dell’artista spagnolo è esposto anche uno splendido “Sant’Antonio Abate”, in pendant con un’opera di Francesco Fracanzano e due del Maestro dell’annuncio ai pastori, quest’ultimo identificato dallo stesso De Vito con un pittore spagnolo, Juan Do. Ribera e Caracciolo sono i principali rappresentanti del filone caravaggesco che ha permeato la scena artistica partenopea dopo i due soggiorni dell’artista lombardo nel 1606 e nel 1609 e che ha continuato la sua influenza fino agli inizi del Settecento. L’esposizione non è vasta, ma estremamente suggestiva e racconta una storia che merita di essere approfondita da chi magari non conosce questo importante capitolo della storia dell’arte e la rende imperdibile per chi ama Caravaggio e tutta la pittura che al suo genio si ispira.

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