YOKO ONO. HALF-A-WIND-SHOW

Adorava circondarsi di poeti, artisti e personalità bohemienne, nonostante la sua famiglia li considerasse inferiori al suo rango. Era assetata di libertà, quella che gli fu tolta da bambina a causa del manifestarsi della Seconda guerra mondiale e credeva fortemente nel suo potenziale, Yoko Ono, tanto che sin da ragazzina visitava gallerie e partecipava agli happening d’arte in città, a New York, dove si trasferì per iscriversi al Sarah Lawrence College.

Fu in quegli anni, verso la fine del 1950/inizio anni ’60 che la Ono iniziò a farsi notare nello scenario avanguardista, diventandone successivamente una delle maggiori rappresentanti, da oltre sessant’anni. Ma ai tanti rimane la precorritrice nell’arte concettuale, nell’arte filmica, nelle performance artistiche e figura chiave nel mondo della musica. Le sue opere sono le protagoniste dal 14 marzo all’1 settembre di YOKO ONO. HALF-A-WIND-SHOW, la mostra ad opera del Guggenheim Museum di Bilbao, dedicata all’artista in concomitanza con il suo 80esimo compleanno. Più di cinque decenni di creatività raccontati attraverso (quasi) 200 pezzi, comprese molte delle sue più recenti installazioni e performance, tra queste, Moving Mountains. Un viaggio artistico nato per approfondire i temi e le idee che hanno caratterizzato la sua vita e la sua carriera, la sua fede nel potere dell’immaginazione e della fantasia, il suo ruolo di donna nella politica e nella società, il suo senso dell’humor e dell’assurdo, la sua sensibilità riguardo ai conflitti globali. Esperienze che l’hanno portata a prendere una posizione di rilievo anche in movimenti pacifisti e femministi. Il suo obiettivo è quello di mettere alla prova le idee convenzionali legate all’arte e sollevare questioni che lei stessa ritiene essenziali per l’esistenza umana, attraverso un allestimento che tende più all’immaterialità, tra idee, testi, azioni e musica, arricchiti da inevitabili riferimenti poetici, (contribuisce la laurea in scrittura creativa e poesia contemporanea) e ad un atteggiamento di critica sociale ancorato ai concetti di unità, fiducia ed equilibrio.

Interessante è la modalità con cui l’artista vuole indirizzare gli spettatori a esaminare le sue opere: attribuisce a loro un ruolo attivo, li incoraggia a partecipare approfondendo il potenziale della propria mente attraverso un’autoriflessione. Non a caso la parola “Participate” appare costantemente a fianco dei suoi lavori, un invito diretto ad interagire con la sua arte, come nel caso di En Trance (1998/2013), installazione architettonica dotata di porta a vetri girevole con tendina di perline, pensata per accogliere gli spettatori alla mostra.

Ma sotto direttive della stessa Ono la retrospettiva è impostata secondo un percorso cronologico, presentando in primis le opere appartenenti ai suoi primi anni da artista, a partire da Cut Piece, primo esempio delle sue performance art, durante il quale si trova seduta su un palco invitando il pubblico a tagliare i suoi vestiti con un paio di forbici, fino a restare nuda. Per non parlare di Lion Wrapping Event del 1967 in cui Yoko Ono provò a confezionare uno dei quattro grandi leoni di Trafalgar Square a Londra. Dopo un primo tentativo fallito e un secondo riuscito con successo, questa performance fu considerata una dichiarazione politica in quanto coprì un celebre e tipico simbolo dell’Impero britannico. Il libro Grapefruit rappresenta un valido esempio di arte concettuale: edito per la prima volta nel 1964 elenca surreali istruzioni in stile Zen da completare nella mente del lettore come Nascondino: nasconditi finché tutti si dimenticano di te. Nasconditi finché tutti muoiono.

Il 16 luglio del 1961 Yoko Ono ha inaugurato la retrospettiva Paintings & Drawings by Yoko Ono presso AG Gallery di New York le cui opere tranne che per il formato avevano poco a che fare con i dipinti convenzionali, allestendo “paintings” consistenti in pezzi di tela canvas dipinta con inchiostro giapponese, come Painting to Be Stepped On, appesi vicino alle finestre o sulle pareti di una stanza. La mostra prosegue con Ceiling Painting, persentata per la prima volta nel 1966 all’Indica Gallery di Londra. Con questa rappresentazione Yoko Ono ha voluto invitare gli spettatori a salire immaginariamente verso l’alto con una scala bianca dove una lente di ingrandimento pende da una catena fissata a un telaio sul soffitto. Utilizzando quella lente scopriranno l’istruzione YES. Fu l’opera che consacrò l’ incontro ravvicinato tra Yoko Ono e John Lennon, che rimase molto commosso dalla positività trasmessa. A seguire Half-A-Room del 1967 e Air Dispenser del 1971.

Estremamente ironico e intelligente il documentario della durata di 7 minuti intitolato The Museum of Modern (F) art, niente meno che un falso volantino riguardante un’immaginaria mostra su Yoko Ono. Nel filmato fu chiesto ai pedoni se l’avessero visitata, loro affermarono: “No, ma abbiamo l’intenzione di farlo”. Obiettivo? Richiamare l’attenzione del pubblico e far capire loro che il museo durante quel periodo ha dato poco spazio a mostre d’arte dedicate ad artiste donne.

Che si trattasse di arte o di musica Yoko Ono pose il focus sulle preoccupazioni che riguardavano la sua vita, come i diritti delle donne e la sua personale ricerca della libertà interiore, raccontati in quelle 19 pellicole che la Ono realizzò dal 1964 al 1972, quando iniziò a trattare con sceneggiature di film, concettuali, molti dei quali in collaborazione con John Lennon. Il Museo propone qualche importante esempio: Rape (1969), Fly (1970), Film No. 1 (1966).

Incluse alcuni tra i suoi più recenti lavori, come Water Event (1971/2013) al quale hanno collaborato 120 artisti tra cui Andy Warhol, Jasper Johns e Willem de Kooning, il compositore John Cage, musicisti come John Lennon e Bob Dylan, e l’attore Jack Nicholson, proposto ora in una nuova versione ad opera di altri autorevoli artisti. E ancora Telephone in Maze (1971/2011/2013). Ma c’è molto di più.

Criticata nella vita personale e professionale ma altrettanto apprezzata, Yoko Ono dopo questa importante self-exhibition può dimenticare la citazione a cui da sempre si trova ancorata: “la più famosa artista sconosciuta: tutti conoscono il suo nome ma nessuno sa cosa fa”… a 80 anni puoi riprenderti la tua rivincita… Dear Yoko.