Arrivano a Milano le camicie bianche dell’Architetto

La mostra La camicia bianca secondo me. Gianfranco Ferré, a cura di Daniela Degl’Innocenti, arriva a Milano, in esposizione a Palazzo Reale fino al 1 aprile .

“Non è stato semplice portarla nel capoluogo lombardo – afferma Rita Airaghi, direttore della Fondazione Gianfranco Ferré – C’è sicuramente una dose di orgoglio notevole nell’essere riusciti in questo. Non è stato semplicemente un trasferimento da un luogo a un altro, ma è stato necessario superare una serie di ostacoli, infatti, abbiamo cominciato a parlare della mostra a Milano ad aprile dell’anno scorso e ci siamo arrivati solo ai primi di gennaio di quest’anno”.

La mostra, dopo la prima tappa al Museo del Tessuto di Prato, approda nella storica Sala della Cariatidi, fortemente voluta da Rita Airaghi: “Perché c’è molta poesia, c’è fantasia e in questo caso direi che la mostra risponde perfettamente a una frase che Gianfranco Ferré amava ripetere ai suoi assistenti e agli studenti  quando faceva lezione in qualche fashion school: ‘La moda è anche sogno’. Inoltre, riprendendo quella di un altro architetto, Ludwig Mies van der Rohe: ‘Vogliamo appoggiare saldamente i piedi per terra, ma vogliamo raggiungere con la testa le nuvole’,  possiamo dire che in questa mostra ci sono entrambe, ci sono le nuvole, c’è la fantasia, c’è la creatività, la poesia e il sogno, ma contemporaneamente c’è  una progettualità, c’è la ricerca, c’è il rigore scientifico”.

Provenienti dalle collezioni di prêt-à-porter dal 1982 al 2006 dell’Architetto, ventisette camicie o forse sarebbe meglio parlare di ventisette capolavori sartoriali si stagliano in rigorose file come fossero sculture illuminate da luci singolari che creano ombre e giochi di chiaro-scuri su taffettà, crêpe de chine, organza, raso, tulle, stoffe di seta o di cotone, merletti e ricami meccanici.

Come spiega Filippo Del Corno, assessore alla Cultura: “L’allestimento non è solo stupefacente per la bellezza, per la ricchezza, ma anche perché permette di vedere le camice bianche finalmente da un punto di vista tridimensionale. Permette di girarci attorno, di vedere tutta la complessità di costruzione, la volumetria, che è una volumetria architettonica, e questo impatto permette di riunire e mettere insieme in maniera definitiva la percezione  dell’assoluta coincidenza tra gesto creativo e competenza artigianale”.

Un’atmosfera incantata che dà il benvenuto sin dall’inizio dove lunghissimi teli di tulle mostrano macro-immagini dei disegni autografati di Ferré e continua a destare stupore nello spazio espositivo dove materiali provenienti dall’archivio della Fondazione Ferré, come disegni originali, bozzetti e fotografie di pubblicità, accompagnano la visione della mostra. Ogni spazio è arricchito da elementi appartenenti alla storia di Ferré, compreso il soffitto, basta infatti alzare lo sguardo per ammirare le proiezioni fotografiche rx delle stesse camicie, a cura di Leonardo Salvini.

“Non è solamente una mostra sul capo icona di Ferré e non è neanche una mostra su Ferré, questa è una mostra che intende ricostruire il processo creativo dello stilista, è una mostra che  cerca di spiegare, e lo fa molto bene, come lavorava – spiega Domenico Piraina, direttore di Palazzo Reale – Gianfranco Ferré era un mix straordinario di creatvità e rigore, semplicità e  grandiosità ed è questa una delle ragioni per cui abbiamo deciso di realizzare la mostra nella Sala della Cariatidi, perché questa sala è in qualche modo strettamente connessa con lo stesso Gianfranco Ferré. Infatti, dall’esame di queste straordinarie 27 camice bianche, potete vedere tutta l’attenzione maniacale che Ferré aveva per il taglio, per i tessuti, per la lavorazione, per la geometria. Questa mostra dimostra ulteriormente che, prima di essere produzione, la moda è cultura. Come uomo di cultura era Gianfranco Ferré, un uomo che amava leggere, che amava viaggiare, che amava l’arte”.

“La moda è cultura, questo è il messaggio più forte, più importante che va trasmesso soprattutto ai giovani – continua Rita Airaghi – La moda è ricerca e passione, non è niente di effimero e di superficiale. Questo è il messaggio che ci auguriamo che arrivi”.

Quindi moda e cultura, un binomio perfettamente raccontato attraverso questo viaggio nel mondo della camicia bianca di Ferré, un’icona, un simbolo, un pezzo della nostra storia che rappresenta la nostra cultura e rappresenta per Ferré: “Un esercizio di tante cose diverse, sicuramente un esercizio di progetto, perché proprio dall’una all’altra c’è un’evoluzione della ricerca e della progettazione, sicuramente c’è tutto un mondo poetico e fantastico che faceva parte del suo dna, sicuramente c’è la sua cultura, basta leggere i nomi, Contrappunto, Sineddoche, Milonga, Napoleon. Evocano paesi, mondi, culture, la retorica, la cultura. E quindi pur essendo soltanto un capo preso dal guardaroba di Ferré è sicuramente l’elemento che lo rappresenta in toto” parola di Rita Airaghi.